giovedì 10 gennaio 2008

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Un palcoscenico nudo. Una sola sedia sulla quale uno straordinario Paolo Villaggio comincia a raccontare gli aspetti più tristi e mediocri (tabagista, alcolizzato, drogato e infine ammalato terminale) della vita di un protagonista che da alcuni riferimenti e aneddoti sembrano assumere le sembianze dell’attore. E questo sconcerta lo spettatore.E’ come se Villaggio avesse scelto il palcoscenico per fare outing. Avesse deciso di confessarsi in questa che lui chiama “Serata d’addio”. Il tono triste e confidenziale e alcuni riferimenti reali a personaggi dello spettacolo (Mike Buongiorno, Arbore, Baudo, Strehler ed altri suoi colleghi) coinvolgono emotivamente lo spettatore facendolo cadere nella trappola del teatro. Il “Maestro” è stato così bravo da far dimenticare che il teatro è finzione. Era, in effetti, difficile distinguere fra realtà e invenzione teatrale. Cechov e Pirandello nelle loro tre piecès “Il fumo uccide”, “Una vita all’asta” e “L’ultima fidanzata” hanno solo suggerito i temi che Villaggio ha sviluppato e riscritto andando a pescare non nei recessi della memoria personale, ma in quelli della fantasia. E, con un linguaggio adatto alle sue corde, è riuscito a far convivere il “blu” del dramma con il “rosso” della comicità, la commozione con la risata. E se si è riso poco lo dobbiamo alla sensibilità dell’attore/autore che si è intelligentemente negato il personaggio di Fantozzi. All’uscita dal teatro l’atmosfera non era natalizia, un velo di tristezza traspariva dagli sguardi, dai saluti frettolosi, dalle voci basse. Grazie Paolo per averci regalato una merce rara, l’emozione.Applausi! Spettacolo da non perdere.
Teatro FILODRAMMATICI, Milano
02/01/2008, Maurizio Carra

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